01/11/14

Battuti all'asta i cimeli di Paganini

Il ritratto del maestro realizzato da George Patten e battuto
all'asta per 55 mila euro. Si tratta della copia richiesta
espressamente da Paganini che trovò il ritratto originale
molto somigliante.
Il 25 settembre l'asta Bolaffi a Torino aveva offerto diversi cimeli paganiniani, tra cui la celebre copia del ritratto che George Patten aveva realizzato nel 1832; proprio quella copia che Paganini aveva richiesto al pittore trovandosi, nel ritratto originale, molto somigliante. "Il ritratto che avete voluto farmi è talmente rassomigliante che non potrò mai abbastanza esternare la mia soddisfazione. Ne attendo con impazienza una copia ed un tal dono sarà un prezioso ricordo a' miei posteri e l'Italia vedrà con ammirazione l'opera d'un genio britannico qual voi siete " 10 novembre 1832.

Oltre al ritratto sono stati offerti diversi cimeli, tra cui un busto di Santo Varni realizzato in marmo nel 1844 su richiesta del figlio del maestro, Achille Paganini.

I collezionisti hanno potuto aggiudicarsi una serie di strumenti musicali appartenuti a Paganini, come alcune chitarre ma anche oggetti personali: uno scrittoio da viaggio, alcune medaglie offerte dalla città di Genova al maestro nel 1834, i gemelli con lo stemma nobiliare della famiglia Paganini, alcune ciocche di capelli del musicista, pezzi d'arredamento, il sigillo e persino il berretto da notte del maestro realizzato con la stoffa dell'abito nuziale della madre di Paganini, la signora Teresa Bocciardo.

La papalina del maestro 
Un giornalista genovese, Costanzo Carbone, in un profilo dal titolo "Il violinista indemoniato", ci racconta che nel museo della famiglia Paganini, tra carte e cimeli, c'era questa  papalina che Niccolò si metteva in capo quando riposava: una semplice, prosaica, borghesissima, passatista papalina. Questo berrettino con un modesto ricamo tutt'intorno e un lungo fiocco nel mezzo era diventato una specie di talismano. Molti anni fa, alla porta della Baronessa Paganini, vedova del Barone Paolo (nipote del maestro), si presentò infatti un signore altro, magro, nervoso, con i capelli lunghi e gli occhi inquieti. Era Kubelick che espresse il desiderio di mettersi in testa, anche per un solo momento, la famosa papalina, convinto che gli portasse fortuna. E dopo di lui Vasa Prihoda, Hubermann, Franz von Vecsey e altri vollero toccare il talismano e provare il prezioso copricapo.

L'asta ha realizzato ben 140 mila euro. Il ritratto del maestro è stato aggiudicato per 55 mila euro, una sua chitarra realizzata da Gennaro Fabbricatore nel 1820 è stata ceduta per 21 mila euro, il busto per 16 mila euro, le ciocche dei suoi capelli per 4 mila euro.

Busto realizzato da Santo Varni, 1844

I cimeli facevano parte di un'ampia vendita di oltre 500 lotti tra dipinti, arredi, ceramiche, e oggetti decorativi, tutti accompagnati da certificazione scritta dei suoi eredi, che li hanno conservati fino a oggi.

Qui in basso alcuni pezzi del'asta:


Scrittoio da viaggio appartenuto a
Paganini
Ciocche di capelli di Paganini battute
all'asta per 4 mila euro







Biglietti dei concerti di Paganini e un biglietto da visita del maestro


Il sigillo con lo stemma nobiliare di Paganini
Medaglie donate dalla città di Genova a
Paganini nel 1834











Piccolo binocolo da teatro 
Gemelli da polso appartenuti a Paganini













chitarra di Paganini del liutaio
Kolike
Chitarra di Paganini
opera del liutaio napoletano
Gennaro Fabbricatore, 1820




30/10/14

La contessa di Lamothe-Langon

Nel 1830 la contessa di Lamothe-Langon riceve nel suo salotto parigino Paganini. La contessa ci ha lasciato questa mirabile descrizione nelle sue "Révelations d'une femme de qualité sur les années 1830 et 1831" che non ha bisogno di ulteriori commenti:

"Alcuni melomani di cui diffidavo me ne avevano parlato con tanto entusiasmo, che, prevenuta dalla loro esagerazione, volevo giudicarlo da me. Un medico, mio grande amico, il dottor Miquel, uomo di merito, che non ha altro difetto se non quello di avere ricevuto in un occhio l'ultima palla della rivoluzione di luglio, condusse a casa mia il celebre italiano. Me l'ero immaginato a modo mio. Mi sembrava che il genio dovesse essere impresso nei lineamenti del suo volto e che, se non dotato d'una bellezza regolare, non dovesse essere brutto. Fui, perciò, completamente delusa quando vidi entrare un uomo dal corpo sbilenco, dal volto lungo e quadrato, dalle orecchie immense, dai capelli spioventi, come usava ai tempi del Direttorio, col naso e la bocca in armonia col resto della persona. Gli occhi incavati, lucenti di un bagliore sinistro, finivano col dare a tutto il suo essere qualcosa di satanico, che mi spinse a dargli una rapida occhiata ai piedi per vedere se non fossero biforcuti. Tale mi apparve Paganini, personaggio bizzarro, dalle emozioni profonde, dai capricci fantastici e dall'immaginazione viva e disordinata, che fa della poesia con l'archetto, sfruttando ora il vero, ora il falso, la natura oppure l'arte, nel medesimo tempo uomo di genio e ciarlatano. Sembra che non gli basti distinguersi dagli altri per il suo talento, ma che voglia aggiungervi tutta la singolarità di una vita meravigliosa. Parlò intelligentemente di cose estranee alla sua arte; ma parlando del violino s'infiammò del più vivo entusiasmo, e provò fremiti involontari. Ero rapita e non mi accorgevo più del suo aspetto. Tuttavia fu ben altra cosa quando udii all'Opéra i suoni divini del suo strumento; mi credetti trasportata in un altro mondo; mi parve che nuove sensazioni si sviluppassero nell'anima mia, e fu per me un momento d'estasi. Al cospetto di quel "mago" mi aspettavo di tutto! Se il diavolo mi fosse apparso non me ne sarei stupita." 

27/11/13

La principessa Elisa Baciocchi

"Non bella, bassa, sottile, quasi magra.
Tuttavia possedeva numerose qualità che,accoppiate all' ingegno e alla vivacità, ne facevano una donna affascinante. Essa aveva una viva, vigile penetrante intelligenza, una fantasia ardente, un' anima
 forte e un tocco di grandezza" Ida Saint- Elme


La principessa Elisa Baciocchi
Il 14 luglio 1805 Lucca assiste al trionfale ingresso di Elisa Bonaparte Baciocchi, incoronata principessa di Lucca e Piombino dal fratello imperatore.
"La sua carrozza, tirata da quattro cavalli e seguita da ventiquattro staffieri, attraversò la calma cittadina toscana come una sfolgorante visione di gloria napoleonica".
La fin troppo tranquilla città di Lucca diventa sotto il principato di Elisa una corte brillante e à la page. La nevrotica principessa (nonostante i litri di acqua e di latte di capra che ingurgita come curiosi sedativi) ha ereditato dal fratello la megalomania. Non si può dire sia bella come la sorella Paolina ma merita presto l'epiteto di Semiramide lucchese. Assume uno sproposito di funzionari, anche se poi non ha i soldi per pagarli: riesce a salvare le finanze con una trovata. Fa riaprire le cave di marmo di Carrara, riproduce in serie il busto di Napoleone e smercia quei costosissimi souvenir in tutta Europa. E' doveroso però riconoscerle una certa attività di governo. Riforma istituzioni, fonda un'Accademia, fa demolire case e chiese per aprire una piazza dedicata alla gloria del fratello, conia medaglie e fa confezionare costumi in oro e verde per i senatori e altre divise appariscenti per i dignitari della sua piccola corte da operetta; lei stessa disegna le divise.
Trasforma la barocca Villa Marlia in un gioiello di gusto tipicamente inglese; per ottenere l'acqua necessaria alle fontane delle sue ville, svia il corso del Fraga; inaugura un giardino zoologico, rivoluziona gusti e abitudini dando feste e accademie. Un elemento interessante delle feste di Elisa, esclusivo per l'Italia dell'epoca,  sono le scenografie effimere del trasparente, vedute prospettiche e imponenti elementi architettonici in tela o carta che, attraverso giochi di luce, danno un senso illusorio di profondità.

La misteriosa Dida

"Dal 1801 al 1804 Niccolò scompare e, rapito dall'amore o meglio dalla passione per la bella Dida, vive il suo intermezzo più misterioso. Quando riapparirà, la leggenda si impadronirà di lui e si inizierà quel tempo  agitato e "crescendo con furia", ricco di capricci, di conquiste e di passioni, che generò poi una ridda di leggende, da quella degli anni passati in prigione per omicidio d'un rivale all'altra dei patti compiuti con il  diavolo; leggende che seguirono Paganini sino alla tomba e anche oltre, dandogli un'aureola rossastra di arcangelo satanico" . 
(Nino Salvaneschi)

Nel 1801 Paganini ha 19 anni e, indipendente dall'autorità paterna, inizia una vita sfrenata, contraendo debiti al gioco. Già a Livorno, per via dei debiti, si era impoverito al punto da impegnare il suo violino e sarebbe rimasto senza strumento se il Livron non gli avesse imprestato e poi donato il suo Guarneri.
"Quando riuscii finalmente a diventare padrone del mio destino, mi immersi profondamente nei piaceri della vita". 
Bisogna però aggiungere che perdette presto questo vizio come egli stesso affermò: "mi ritrassi dal gioco, e dire posso a mia lode che sebbene io vi abbia consacrato una parte della mia giovinezza, avendo solo un tenue stipendio, ho abbastanza però compreso in proseguo, che un giocatore sulla terra è l'uomo il più dispregevole, e fermo a tale sentimento ho rinunciato già molti anni a sì dannevole passione".

Presto il fratello Carlo torna a Genova per sposare la fidanzata, Anna Bruzzo, e Niccolò compie da solo un giro in Toscana sollevando deliri. E' nella sua prima giovinezza e le donne vanno pazze per lui: "...nel 1801 era bello e, quello che più conta, interessante, perché dotato di un fascino personale. Profilo d'aquila, occhi magnetici, ardenti, mobilissimi; capelli neri, lunghi, che davano un'aria romantica al viso pallido e aristocratico." 

25/11/13

Paganini e Berlioz

"Paganini appartiene a quel genere di artisti per i quali si dovrebbe dire: sono perché sono e non perché altri furono prima di loro. Quello che purtroppo non ha potuto trasmettere ai successori è la scintilla attraverso cui animava e rendeva comunicativi tali folgoranti prodigi di tecnica. L'idea si scrive, la forma si disegna. Ma il sentimento dell'esecuzione non si può fissare, resta inafferrabile. E' il genio, l'anima, la fiamma vitale che spegnendosi lascia dietro di sé una tenebra tanto più profonda quanto più abbagliante è stato il fulgore con cui ha brillato. Ed ecco perché non solo le opere dei grandi virtuosi innovatori perdono sempre qualcosa a non essere eseguite dal loro autore, ma anche quelle dei grandi compositori originali ed espressivi conservano solo una parte della loro potenza quando l'autore non presiede alla loro esecuzione." (Hector Berlioz, Serate d'Orchestra)

Hector Berlioz nel 1832, ritratto di Emile Signol
villa Medici, Roma
E' il 22 dicembre 1833, la Sinfonia Fantastica di Hector Berlioz, diretta da Narcisse Girard viene lungamente applaudita. Scrive Berlioz nelle sue memorie: "Un uomo dai capelli lunghi, gli occhi penetranti, il volto strano e scavato, posseduto dal genio, colosso tra i giganti, che non avevo mai visto prima e il cui aspetto mi inquietò profondamente, mi stava aspettando. Mi fermò e mi strinse la mano, colmandomi di intensi elogi che mi riscaldarono il cuore e la mente: era Paganini!!".

Inizia in questo modo l'amicizia e la stima reciproca dei due grandi artisti. Qualche settimana dopo Paganini si reca da Berlioz con una bellissima viola Stradivari da lui soprannominata "controviola", per via del suono e delle dimensioni più ampie del consueto, commissionando al compositore un concerto per quel magnifico strumento. "Ho fiducia solo in voi per questo tipo di lavoro".

08/11/13

Paganini e Ingres

Ritratto di Paganini
 a matita eseguito
da Ingres a Roma nel 1819
Parigi, Louvre
Il violino sottobraccio, l'archetto immobile, il naso aquilino reso invisibile dalla posa frontale, un'espressione serena e quasi spiritualizzata. E' questa una delle effigi più famose di Paganini che, all'epoca del ritratto, eseguiva quartetti di Haydn, Mozart e Beethoven nelle serate musicali romane, dialogando con un secondo violino davvero eccezionale, visto che, pur essendo un dilettante, fu ritenuto all'altezza di suonare con il grande virtuoso. Secondo violino ed autore del ritratto erano la stessa persona: Jean-Auguste-Dominique Ingres.
Fu Ingres stesso a raccontare al suo allievo Amaury-Duval d'aver suonato con Paganini, e fu poi lo stesso Amaury-Duval a narrare nelle sue memorie come Ingres assistette nel 1831 al concerto parigino di Paganini ricavandone un'impressione totalmente diversa da quella avuta dodici anni prima: Ingres vide Paganini totalmente trasformato in un demone romantico, posseduto dalla sua stessa musica; il pittore si sentì pervaso da una strana frenesia; iniziò a battere i piedi, ad agitarsi, mormorando parole come "traditore", "apostata".

21/10/13

Una scala per Clara

Clara Wieck da bambina
Nel 1829 a Lipsia, Paganini incontrò una bambina prodigio, Clara Wieck, futura moglie di Robert Schumann. Clara, che all'epoca aveva solo dieci anni, accompagnata dal padre Friedrich, portò con se un quaderno di ricordi affinché il maestro da lei tanto ammirato vi apponesse un autografo. 

Di fatto Paganini fece molto di più: scrisse di getto una scala cromatica per pianoforte, armonizzata e con andamento a moto contrario dedicandola alla piccola musicista in segno di d'affetto e ammirazione per averlo accompagnato al pianoforte. Per tutta la vita Clara conservò quel foglio d'album come una sacra reliquia. 

13/10/13

Paganini a Parma

"Paganini fu il primo vero direttore d'orchestra italiano nell'accezione moderna di tale funzione...
Il progetto paganiniano di una orchestra stabile con repertorio anche sinfonico si è per così dire realizzato, mutatis mutandis, attraverso la costituzione a Parma nel 1975 di una orchestra regionale, oggi denominata Orchestra Sinfonica dell'Emilia Romagna Arturo Toscanini, che di quel progetto ha colto idealmente la lontana eredità"(Marcello Conati)


Violette di Parma

Maria Luigia, duchessa di Parma

E' la sera del 13 maggio 1829. Da tredici anni Maria Luisa d'Asburgo Lorena, ex Imperatrice dei Francesi, ha mutato il suo nome in "Luigia" e regna felicemente sul ducato di Parma. 
Quella sera del 13 maggio è un giorno fatato per i parmigiani perché ha luogo l'inaugurazione del Nuovo Teatro Ducale. Quando la duchessa si affaccia dal palco reale è raggiante, il colpo d'occhio è superbo: il teatro, iniziato otto anni prima in stile impero dall'architetto Bettoli, è una bomboniera: fregi d'oro spiccano sul bianco avorio dei quattro ordini di palchi ornati di rose; infiorati anche il loggione e la platea di velluto rosso; il lampadario di cristallo è una vera follia: ordinato al famoso Lacerrière di Parigi, brilla di mille riflessi, un'isola di luce; il  Borghesi ha affrescato il soffitto con scene arcadiche. 
Tutti sanno che il teatro è costato l'astronomica cifra di 1.190.664 lire ma non importa; Parma è travolta dall'orgoglio di avere un teatro tra i più belli d'Italia. 




10/10/13

Paganini e Verdi

Giuseppe Verdi in un ritratto giovanile
"Egregio Direttore, vi scrivo per raccomandarvi un giovane compositore, mancante di esperienza ma non di genio: si chiama Giuseppe Verdi. Se vorrete favorirmi, renderete un servigio a me, ma soprattutto al teatro musicale italiano."
Paganini al Direttore del Teatro Ducale di Parma, 1836

Questa breve missiva è forse l'unico documento attestante una conoscenza tra il grande virtuoso e il grande compositore. Sappiamo che il giovane Verdi assistette ad un concerto che il maestro dette a Parma in beneficenza, il 14 novembre del 1834, e ne rimase profondamente colpito. Ancora in tarda età Verdi ricordava come, non appena Paganini iniziò a suonare, l'orchestra parve spenta, tanta era la sonorità che sprigionava dal suo violino. (1). Presente al concerto anche la duchessa Maria Luigia che di lì a poco avrebbe affidato a Paganini l'incarico di riorganizzare l'orchestra del Teatro Ducale. Malumori, sospetti, incomprensioni e una fitta rete di ostilità costringeranno Paganini a dimettersi un anno dopo, non prima di avere indicato nel giovane Verdi il nuovo astro nascente. Fiuto e lungimiranza da parte di Paganini che da sempre ebbe rapporti molto stretti con il mondo del melodramma, traducendo moduli canori e del belcanto sul violino senza per questo snaturarlo ma semmai sviluppandone alcune caratteristiche implicite. Risulta infatti difficile valutare appieno la lezione di Paganini senza conoscere l'arte vocale italiana coeva. E potremmo aggiungere come il violino di Paganini si cimenti in una sorta di gara ideale con le più belle e acrobatiche ugole del tempo come Giuditta Pasta, l'interprete belliniana con cui il maestro sostenne un confronto in un'accademia romana. 


Il brano che segue presenta delle riminiscenze paganiniane






Note:
(1) Paganini eseguì in questa occasione il primo movimento "Allegro maestoso" del Primo Concerto; le variazioni sul "Nel cuor più non mi sento"; la Maestosa sonata sentimentale con variazioni sopra l'Inno di Haydn (Dio Salvi l'Imperatore) sulla quarta corda; le variazioni sul Carnevale di Venezia.
Giusto un mese prima il giovane Verdi, durante un'Accademia della Società Filarmonica di Bussetto, aveva eseguito oltre ad alcune sue composizioni, un Capriccio di Paganini per pianoforte. 











26/09/13

Franz Lehàr, "Paganini"

Elisa Bonaparte Baciocchi
Joseph Kinson, castello di
Fontainebleau
Paganini ebbe senz'altro fascino demoniaco e la sua vita offre una ricca aneddotica, Un'aneddotica sentimentale, romanzesca e inquietante che comprende avventure degne dei grandi libertini come Casanova e tale da giustificare le più fantasiose interpretazioni. Con spregiudicata ingenuità Franz Lehàr si appropriò del personaggio e ne fece un corteggiatore galante, un eroe della frivolezza, un Paganini senza demoniaci furori creativi; un Paganini charmeur.
I librettisti dell'operetta Paganini, che segnò il ritorno al successo di Lehàr, elaborarono in particolare un episodio storico (la relazione con Elisa Baciocchi), amalgamandolo con elementi tipici della lirica leggera degli anni Venti.

24/09/13

Giovanni Ricordi

Giovanni Ricordi
La casa editrice musicale Ricordi fu fondata a Milano da Giovanni Ricordi (1785-1853) nel 1808.

Giovanni Ricordi, inizialmente attivo come copista presso alcuni teatri milanesi, aprì una piccola copisteria che trasformò in una vera e propria casa editrice, associandosi all'incisore Felice Festa, dopo essersi recato a Lipsia per studiare i metodi calcografici di Breitkopf e Hartel. 

Nel 1814 pubblicò il primo catalogo delle edizioni; nel 1825 acquistò ed incluse nel proprio catalogo tutto il fondo dell'archivio della Scala. Sotto Giovanni furono stampate le partiture delle opere di Rossini, Bellini, Donizetti e Verdi.

Domenico Barbaja

"All'accademia di giovedì scorso mi favorì il Cavalier Crescentini musico; mi fece visita nel camerino, pregandomi di favorirlo a pranzo nella sua campagna. Ci fui e mi mi divertii moltissimo in compagnia di Madama Colbran e di un'altra Signora dilettante, la quale, bella come Ebe, mi innamorò cantando un duetto: "per mari per fonti cercando di Nice...". Il Sig. Barbaja, impresario dei Teatri di Napoli, mi ha fatto invitare colà da Madama Colbran, promettendomi tutti i teatri "gratis" purché vada per la fin di settembre".

Domenico Barbaja
Sono parole di Paganini queste, in una lettera all'amico Germi. L'impresario dei Teatri di Napoli, Domenico Barbaja, aveva rimesso in piedi il San Carlo di Napoli a proprie spese ma soprattutto era l'uomo che aveva lanciato Rossini. Prima di ciò aveva fatto un'incredibile ascesa: misto di genio e di ciarlatano, aveva debuttato come sguattero in un caffè.

Gran giocatore al banco del faraone, uomo volpino e intrallazzatore, iniziò a guadagnare a Milano in mezzo ai fornitori francesi che facevano e disfacevano la loro fortuna ogni sei mesi al seguito degli eserciti (Stendhal).

La sua fortuna arrivò nell'anno 1800, anno in cui egli scoprì "l'alto segreto di mescolare la panna con caffè e con la cioccolata, onde nell'imperitura parola di "Barbajada" si fece un monumento più saldo del granito". (Rovani)

21/09/13

Il Carnevale romano del 1821

Il Carnevale Romano in via del Corso - Thomas Uwins
Rossini e Paganini trascorrono insieme il Carnevale del 1821 ed è in questa occasione che Niccolò dirige un'opera del pesarese: il clou della stagione teatrale è un'opera di Rossini, Matilde di Shabran, scritta per il Teatro Apollo. Alla vigilia della prima il direttore d'orchestra muore d'un colpo apoplettico e Rossini sceglie Paganini per sostituirlo. Niccolò ha una buona esperienza come direttore d'orchestra perché ha ricoperto questo ruolo a Lucca, alla corte di Elisa Baciocchi, e non sarà l'ultimo grande violinista a dirigere un'opera di Rossini (Salvatore Accardo diresse "L'occasione fa il ladro" nel 1987 al Rossini Opera Festival di Pesaro). 
La fama diabolica di Paganini deve ancora arrivare ma certo in questo periodo Niccolò ha già assunto nell'aspetto un qualcosa di inquietante e divertente.

Paganini e la gastronomia

La ricetta del ripieno dei ravioli alla
genovese scritta di pugno da Paganini
nel 1839
Anche se Paganini non poteva cavarsela ai fornelli come il collega Rossini, era tuttavia un buongustaio.

Nel suo carteggio viene spesso menzionato il magnifico minestrone alla genovese preparato dalla mamma, la signora Teresa. 
In una lettera da Venezia, del 1816, scrive alla madre: "Io sono allegro, ma lo sarò ancor di più se vi tratterete bene a tavola e desidero vi comperiate del buon vino Monferrato e vi cibiate di buone vivande e facciate stare tutti della famiglia allegri, altrimenti io sarò malcontento".
Più tardi, scrivendo al Germi, rammenta le preziose vivande preparate dalla vezzosa signora Antonietta, la farinata alla genovese e i  ravioli alla genovese della signora Camilla (futura moglie di Germi): "Ogni giorno di magro e anche di grasso, sopporto una salivazione rammentando gli squisiti ravioli che tante volte ho gustati alla tua mensa”.

Cultore della cucina ligure, amante della cioccolata che era solito prendere al mattino, Paganini non manca di osservare con una vena ironica le abitudini britanniche: "Gli inglesi prendono le pillole a tavola  e anche prima e dopo l'insalata, indi vomitano se occorre e tutto aggiustano col thè".

Nel 1839, ormai prossimo alla fine, scrive in una lettera la ricetta richiestagli del ripieno dei ravioli alla genovese:

Moderno Orfeo

Il castello di Tegernsee
Nel novembre del 1829, Paganini viene incoronato a Monaco dal "regio direttore d'orchestra Stutts in mezzo ad un indescrivibile entusiasmo, con una corona d'alloro". 

Il 26 novembre si lasciano aperte le porte del teatro per la folla che non ha potuto entrarvi, la platea appartiene al re. La famiglia reale di Baviera, la duchessa di Lichtenberg, il principe Carlo, sono presenti. Mancano solo il re Luigi I sofferente, e la regina madre, Federica Guglielmina Carolina di Baden, vedova di Massimiliano Giuseppe. Paganini si reca quindi a presentar loro i suoi omaggi a Tegernsee, residenza di campagna dei sovrani di Baviera, e qui avviene un piacevole "incidente". Al momento del concerto si ode un gran tumulto; una sessantina di contadini dei dintorni, avendo saputo dell'arrivo del grande violinista sono accorsi nella speranza di poterlo udire. Chiedeno alla regina Federica Guglielmina che si lascino le finestre del castello spalancate come era accaduto in teatro a Monaco. "La buona regina, fece di più di quel che le si chiedeva. Ordinò che si lasciassero entrare nel salone, dove si fecero notare sia per la maniera discreta con la quale testimoniarono la loro soddisfazione sia per il decoro dell'abbigliamento".

20/09/13

"I Paganini"

I Paganini 
Quando Paganini arrivò a Vienna, nel 1828, in città dilagò la "moda alla Paganini".
Ogni vetrina ebbe la sua icona paganiniana: dall'immensa litografia alla miniatura da incastonare in un anello. Tabacchiere, pomi di bastone da passeggio possedevano il ritratto del maestro. Un pasticcere lanciò dei confetti con la sua effige. Niccolò veniva "mangiato" in involucri di marzapane e di zucchero filato; i panini presero la forma dei violini; i ristoranti lanciarono dei "menus à la Paganini". Le donne si pettinavano alla Paganini e la moda maschile dei viennesi ebbe la stessa ispirazione per un'intera generazione: cappelli, sciarpe, bottoni da camicia, portasigari, fazzoletti, scarpe, spille da cravatta, tutto prese il suo nome. Al bigliardo i colpi riusciti si dissero "alla Paganini", come i guanti ricamati con un violino sulla mano sinistra e un archetto sulla destra. Le cose più impensabili si fregiavano del nome e di riferimenti al maestro.

19/03/13

Un blog dedicato a Paganini


Il Guarneri del Gesù
 Palazzo Tursi, Genova
Vita movimentata e straordinaria, molti affari di donne, guadagni, trionfi e, per contro, innumerevoli sofferenze fisiche, singolarità del carattere e del comportamento. La biografia di Paganini si nutre da sempre di elementi romanzeschi cui vengono spesso subordinati temi più squisitamente accademici come i rapporti con il melodramma italiano e il romanticismo; la derivazione stilistico-esecutiva e la lezione violinistica; il Paganini compositore e direttore d'orchestra.

Una carriera sfolgorante, ormai oggetto di critica, di letteratura e di storia. Nubi leggendarie attorno al violinista che tutti credettero "personificazione del diavolo".

Creatore della moderna scuola violinistica e inventore del concertismo internazionale, prodigio con vocazione di autodidatta, Paganini seppe destare contemporaneamente le più stravaganti manifestazioni di ammirazione e le più ingiuste calunnie. 

In questo blog verranno scandagliate a fondo la personalità artistica e quella umana del grande maestro, attraverso aneddoti, testimonianze, gossip e soprattutto attraverso la musica.